mercoledì 21 febbraio 2007

GOOGLE CERCA INSERZIONISTI

punta a diventare la piattaforma tecnologica dominante non solo per la pubblicità on line ma per tutti i media, a cominciare dalla stampa. La società di Larry Page e Sergey Brin è notissima per il suo motore di ricerca su Internet; meno conosciuto ma forse più importante è il fatto che Google ha creato un sistema automatico d’asta per la pubblicità che gli frutta miliardi di dollari. Per la precisione Google ha chiuso il 2006 con un fatturato pubblicitario pari a 10,5 miliardi di dollari e un incredibile utile netto – legato proprio alla piattaforma tecnologica per l’asta pubblicitaria – di 3 miliardi. Insomma ha un fatturato pari a circa tre volte quello di Mediaset e un utile che da solo vale all’incirca i ricavi totali del Biscione. Il segreto è nell’asta telematica: il software di Google è non solo in grado di offrire ai migliori offerenti gli spazi pubblicitari legati alle keyword (le parole chiave) di ricerca ma anche di prevedere quali saranno le inserzioni più cliccate, cioè più redditizie per Google (che viene retribuita dal pay per click) e per gli inserzionisti. Il click rate di Google è intorno al 10-20% mentre normalmente nella pubblicità on line è intorno all’1%. Forte di questa tecnologia software e del folto parco clienti, Google ha deciso di mettere a disposizione dei giornali statunitensi il suo mercato elettronico. Ha messo insieme un circuito che comprende colossi come il New York Times, il Chicago Tribune, il Washington Post e la casa editrice Hearst per sperimentare il suo sistema d’asta per i giornali (vedi Prima n. 368, pag. 168); se l’esperimento sarà positivo, proporrà il suo mercato elettronico a livello internazionale. L’obiettivo è di ampliare il mercato: i giornali avranno più pubblicità – soprattutto locale e di aziende minori che già utilizzano Google – e riempiranno tutti gli spazi vuoti, mentre Google tratterrà una percentuale stimata a regime intorno al 20%. Aggregando decine di migliaia di inserzionisti, Google potrà ottenere prezzi scontati, mentre i giornali acquisteranno dei nuovi inserzionisti che altrimenti non potrebbero raggiungere. Insomma, se l’esperimento andrà bene, i giornali americani si affideranno proprio al loro rivale per invertire la tendenza del declino della pubblicità e delle copie vendute. Pare però che Gannett, McClatchy e Tribune stiano anche pensando di consorziare la loro raccolta pubblicitaria on line per contrastare lo strapotere di Google

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